TVP - Trombosi Venosa Profonda

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La Trombosi Venosa Profonda

 

La trombosi venosa profonda (TVP) è dovuta alla formazione di un trombo, cioè di un coagulo di sangue, in una vena del sistema profondo. Il coagulo occlude la vena del tutto o in parte determinando un ostacolo alla normale circolazione venosa, con conseguente aumento della pressione della zona.

Questo provoca dolore e gonfiore. Vi può essere anche un aumento di temperatura (la pelle risulta più calda al tatto) della gamba, la pelle può apparire cianotica (colorazione bluastra), le vene superficiali possono essere più visibili. Se l’ostruzione è totale ed è interessata una vena importante i sintomi possono essere evidenti e l’arto appare edematoso, se invece la trombosi è parziale o sono coinvolte vene secondarie i sintomi possono essere minimi o, addirittura assenti. Quando la trombosi riguarda gli arti inferiori, di solito comincia nelle vene interne del polpaccio o del piede e può estendersi a quelle della coscia fino all’inguine e oltre. La trombosi venosa profonda più raramente colpisce gli arti superiori.

Lo sviluppo della TVP è in genere associato a tre fattori:

– stasi venosa, causata per esempio dalla permanenza a letto, da ingessature o tutori, da pronunciata mancanza di liquidi o da una malattia venosa già presente;

– danni vascolari per esempio durante un intervento chirurgico, oppure da lesioni o infiammazioni, o da alterazioni delle vene delle gambe legate all’età (per esempio vene varicose);

– aumentata tendenza alla coagulazione, per esempio a causa di determinate terapie farmacologiche.

In generale però il rischio di trombosi aumenta con l’età, con il sovrappeso, in gravidanza, nel puerperio e nei fumatori. La maggior parte dei soggetti ricoverati in ospedale ha almeno un fattore di rischio per la trombosi venosa profonda e circa il 40% ne ha tre o più.

Le condizioni associate a un aumento del rischio di trombosi venosa profonda sono:

 

  • Interventi chirurgici
  • Età avanzata
  • Vene varicose
  • Presenza di neoplasie maligne
  • Uso di pillola anticoncezionale
  • Gravidanza
  • Traumi (soprattutto degli arti inferiori)
  • Condizioni che determinano una immobilizzazione prolungata
  • Infarto cardiaco
  • Alcune alterazioni dei componenti del sangue
  • Lupus eritematoso sistemico (malattia cronica autoimmune che colpisce diversi organi e tessuti del corpo)
  • Sindrome nefrosica (insieme di segni e sintomi causati da un’alterazione dei tessuti del rene)

La sintomatologia è rappresentata da

• Dolore spontaneo o provocato dallo stiramento dei muscoli.

• Eritema e cianosi causati dalla stasi venosa.

• Crampi.

• Edema e aumento delle masse muscolari per imbibizione ematica.

• Evidenza di circoli collaterali varicosi.

• Febbre, causata dall’infiammazione.

• Riduzione del polso arterioso se la stasi venosa è importante: il trombo impedisce l’arrivo di sangue a monte, determinando una stasi arteriosa secondaria. Questa dà un quadro di phlegmasia alba dolens, se è molto importante: il sangue non arriva più e l’arto diventa biancastro, edematoso e dolente. Si arriva poi alla phlegmasia cerulea dolens quando la cianosi è importante e l’arto è quasi necrotico: le vene sono quasi tutte occluse.

La phlegmasia alba dolens e la phlegmasia cerulea dolens sono gli stadi più avanzati di una TVP e occorre almeno intervenire con una fibrinolisi: si tenta di sciogliere il coagulo a livello venoso.

La profilassi della trombosi venosa profonda mira a riattivare il normale flusso venoso e a correggere i difetti di coagulazione.

Gli interventi di profilassi si distinguono in metodi fisici e metodi farmacologici. Questi interventi vengono spesso realizzati in combinazione.

Il metodo più semplice di profilassi, tuttavia, è la deambulazione precoce del soggetto dopo l’intervento, perché la contrazione muscolare riduce la stasi venosa.

I metodi fisici per la profilassi antitrombotica aumentano la velocità media del flusso sanguigno nelle vene degli arti inferiori riducendo la stasi venosa e sono:

– calze elastiche a compressione graduata;

– compressione pneumatica intermittente.

I metodi fisici vanno preferiti nei soggetti che sono a rischio di emorragia mentre dovrebbero essere usati con cautela nei soggetti a rischio di lesioni cutanee o di ischemia degli arti inferiori. In particolare sono a rischio le persone diabetiche con neuropatia (complicanza del diabete che interessa i nervi periferici).

La compressione pneumatica intermittente consiste nell’applicazione di un manicotto gonfiabile che comprime ritmicamente i muscoli del polpaccio o della coscia. Gli strumenti di compressione sono solitamente applicati prima, durante o dopo l’intervento chirurgico e vanno mantenuti fino alla mobilizzazione del paziente.

La terapia farmacologica mira a:

– arrestare la crescita del coagulo formatosi in una vena;

– prevenire la rottura del coagulo (dunque il rischio di embolia polmonare);

– ridurre il rischio di ricomparsa della trombosi venosa profonda.

I farmaci più usati sono gli anticoagulanti che agiscono rendendo più fluido il sangue e riducendo così il rischio di formazione di trombi. Nei soggetti che hanno bisogno di una profilassi (prevenzione) farmacologica occorre valutare, oltre al rischio trombotico, anche il rischio emorragico identificando le controindicazioni per il singolo soggetto. Se la profilassi farmacologica è controindicata in modo assoluto occorre utilizzare i metodi fisici. Se la controindicazione alla terapia farmacologica è transitoria occorre somministrare la terapia tenendo sotto controllo il rischio emorragico.

La diagnosi è strumentale e di laboratorio.

La strumentale si fa con l’Ecocolordoppler. Si può fare una TAC nel caso in cui la TVP sia avanzata a livello iliaco-cavale e potrebbe potenzialmente determinare un’embolia polmonare.

A livello laboratoristico, si valutano i prodotti di degradazione della fibrina, ovvero il D-Dimero, che è sempre aumentato in caso di malattia venosa tromboembolica e ha un elevato potere predittivo negativo; il valore soglia di 500 ng/ml esclude la malattia venosa tromboembolica, con falsi negativi dell0 0,7%. È però elevato soprattutto nelle fasi precoci (prima settimana), poi il trombo si stabilizza.

La terapia chirurgica nella TVP di solito non si applica: è inutile cercare di riaprire la vena quando ci sono cause che l’hanno fatta chiudere. Occorre quindi agire sulle cause: la stasi, l’ipercoagulabilità e la lesione di parete.

Tuttavia ci sono dei casi in cui si fa la tromboembolectomia, come per esempio quando c’è una phlegmasia cerulea dolens (grave condizione clinica che richiede un rapido trattamento).

Recentemente è stata proposta la fibrinolisi e applicazione di uno stent venoso, nei pz che hanno avuto più di 2/3 episodi di tromboembolia; si fa una lisi del coagulo e poi si inserisce uno stent per evitare che le stenosi residue diventino nuovamente cause di recidive. Si favorisce così il deflusso venoso.

Ci sono poi dei gravi quadri che potrebbero necessitare di bypass venosi al fine di garantire il deflusso venoso.

Malattia Venosa Cronica

L’insufficienza venosa cronica (IVC) è una condizione che si verifica quando le alterazioni della parete venosa e /o delle valvole nelle vene delle gambe (Malattia Venosa Cronica) rendono difficile il ritorno di sangue al cuore.

Trombosi Venosa Profonda

La trombosi venosa profonda (TVP) è dovuta alla formazione di un trombo, cioè di un coagulo di sangue, in una vena del sistema profondo.

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Responsabile cura malattia venosa cronica a Napoli

Chirurgo vascolare, angiologo
Dott. Umberto De Rosa
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